Dal 24 al 27 aprile al Cinema Impero di Brindisi, con proiezione unica alle ore 18.30, arriva “No Other Land”, un documentario intenso e necessario, girato tra il 2019 e il 2023 da quattro giovani attivisti palestinesi e israeliani: Basel Adra, Hamdan Ballal, Yuval Abraham e Rachel Szor. Biglietto intero 7 euro, ridotto 5. La biglietteria apre mezz’ora prima.
Il film nasce da un’urgenza civile e personale: documentare cosa accade a Masafer Yatta, un’area rurale del sud della Cisgiordania, dove intere comunità palestinesi vengono sistematicamente sfollate dall’esercito israeliano. Un’operazione lenta e tenace, fatta di atti quotidiani di demolizione e dislocazione forzata, che ha cancellato decine di villaggi e costretto centinaia di famiglie ad abbandonare le proprie case. A raccontarla dall’interno è Basel Adra, giovane palestinese nato in uno di quei villaggi, che per oltre cinque anni filma la distruzione della sua terra, della sua gente, della sua infanzia. Con uno smartphone, una videocamera e il bisogno ostinato di lasciare traccia.
“No Other Land” è la storia sorprendente e dolorosa di un incontro umano: quello tra Basel e Yuval Abraham, giornalista e attivista israeliano che decide di superare il confine, non solo geografico, che lo separa da Basel. I due iniziano a collaborare. Discutono, litigano, si ascoltano. Non negano le distanze ma decidono di condividerle. Non si usano come simboli, si scelgono come persone. In mezzo, ci sono le immagini, le voci, la consapevolezza che raccontare è un gesto radicale. Il film rifugge semplificazioni e slogan. Ha un linguaggio asciutto, un montaggio limpido, una fotografia ruvida che restituisce le condizioni reali di un territorio dimenticato. Non alza il tono ma lo sostiene. Non cerca colpevoli da esibire ma storie da salvare. E mantiene sempre al centro le persone: gli abitanti dei villaggi, le famiglie, i bambini, i testimoni.
Insieme a Basel e Yuval lavorano Hamdan Ballal, fotografo palestinese, e Rachel Szor, direttrice della fotografia israeliana. Quattro voci che costruiscono un racconto collettivo attraversato da dissensi e convergenze, da contrasti e affinità. È un’opera che nasce nel campo, non in studio. Ogni fotogramma è il risultato di una presenza. E di una responsabilità. Alcune delle scene più forti arrivano quando il peggio è già accaduto. Le ruspe se ne sono andate, i soldati non si vedono più. Rimangono le macerie e intorno le famiglie che provano a rimettere insieme i pezzi. I bambini vanno a scuola tra le rovine, le madri cucinano accanto ai muri crollati, i padri parlano davanti a telecamere che sembrano l’unico strumento per restare in piedi. Non c’è pietismo ma una dignità che colpisce più della rabbia. “No Other Land” non offre spiegazioni, non addita, non assolve. Mostra. Dimostra, con forza silenziosa, che in certe condizioni l’empatia è un atto politico e la vicinanza una forma di disobbedienza.
Anche per questo il film è unico. Non perché rivendichi la sua differenza ma perché rifiuta ogni rassicurazione. Vuole raccontare ma anche suggerire una possibilità. Una via d’uscita. Lo fa con uno sguardo sobrio, lucido, mai cinico. E con le musiche discrete e evocative di Julius Pollux Rothlaender che accompagnano le immagini senza mai forzarne il significato. Alla fine, Basel e Yuval si parlano nella notte. Si chiedono cosa si può ancora fare. Sognano una terra condivisa, senza ruspe né bandiere usate come armi. Un luogo dove vivere, non sopravvivere. È un sogno? Forse. Ma anche il sogno, qui, è reale. “No Other Land” è un film che non consola, interroga. Non conforta, mette in moto. E una volta visto, cambia lo sguardo. Perché, davvero, un’altra terra non c’è.
Brindisi, sabato 19 aprile 2025