Nel periodo tra il 1943 e il 1947, migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra, altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Oltre 20mila italiani torturati e uccisi nelle foibe, più di 300mila quelli scappati dalle loro case per sfuggire alla violenza dei partigiani di Tito. Oggi, 10 febbraio, si celebra il giorno del Ricordo, per non dimenticare questa drammatica pagina della nostra storia. I primi a finire nelle foibe furono carabinieri, poliziotti e finanzieri, oltre ad alcuni militari fascisti e collaborazionisti che non erano riusciti a scappare.
Le modalità con cui venivano uccisi i condannati erano spaventose e atroci: venivano spogliati e legati l’uno all’altro, poi si sparava, ma solo all’indirizzo dei primi della catena umana, che candendo trascinavano con se tutti gli altri, che precipitavano in queste profondissime cavità, ancora vivi, condannati a sopravvivere per giorni insieme ai cadaveri dei loro compagni, aspettando la morte, tra sofferenze atroci. Con le foibe, si volevano eliminare le persone che avrebbero potuto dare fastidio al nuovo Stato comunista jugoslavo. Ma le foibe non sono state l'unico strumento di repressione. Migliaia di persone sono state deportate nei campi di concentramento comunisti di tutta la jugoslavia, i gulag. A Fiume, l’orrore fu tale che la città si spopolò. Interi nuclei familiari raggiunsero l’Italia prima che si concludesse la Conferenza della pace di Parigi, alla quale erano legate le sorti dell’Istria e della Venezia Giulia. Fu una fuga di massa. Alla fine del 1946, 20.000 persone avevano lasciato la città. Il dramma delle terre italiane dell’Est si concluse con la firma del trattato il 10 febbraio 1947. L’Italia consegnò alla Jugoslavia numerose città e borghi a maggioranza italiana rinunciando per sempre a Zara, alla Dalmazia, alle isole del Quarnaro, a Fiume, all’Istria e a parte della provincia di Gorizia. La grande maggioranza degli esuli emigrò in varie parti del mondo cercando una nuova patria. Oggi, come ogni anno dal 2004, quando con legge italiana è stata istituita questa ricorrenza, ricordiamo la tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra, una storia che è rimasta nell’oscurità per 50 anni. A Brindisi sono diverse le iniziative in programma. Nel pomeriggio, alle 17.00, si rinnova l’appuntamento con la deposizione di un fascio di fiori in via Martiri delle Foibe al rione S.Angelo, promossa dal Movimento Nazionale e successivamente presso il Grande Albergo Internazionale, si terrà un convegno, promosso dal MNS e Movimento+39, dal titolo “Nell’ultima foiba volevano gettare la memoria”, con la partecipazione di alcuni esuli che porteranno la propria testimonianza. Video