E’ stata confermata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Onofrio Margaritondo, indagato in relazione ai reati di porto e detenzione in luogo pubblico di armi comuni da sparo, rapina aggravata, tentata estorsione aggravata, ricettazione. Rigettata dal Tribunale di Lecce in funzione di Giudice del Riesame, l’istanza formulata dalla difesa dell’indagato, che aveva chiesto la revoca o l’attenuazione della misura cautelare. I fatti riguardano il raid compiuto la notte del 2 agosto scorso dall’indagato e da altri complici in contrada Matarano a Fasano. Sul conto di Margaritondo, gli elementi a carico si fondano sulle plurime e concordanti dichiarazioni rese dalle parti offese nonché dagli accertamenti compiuti dai Carabinieri, che hanno consentito l’individuazione di numerose tracce dei delitti perpetrati dagli indagati.
Margaritondo era presente insieme ai correi vicino al Bar Royal, ha partecipato con gli altri ad assalire e picchiare la vittima, provocandogli ferite lacero contuse in varie parti del corpo. Tali aspetti sono stati anche cristallizzati dai frammenti fotografici estrapolati dalle riprese delle videocamere di sorveglianza del bar. Nella circostanza Margaritondo era vestito un pantaloncino di colore azzurro, una polo di colore rosso e un marsupio, la stessa tenuta indossata due ore dopo quando è stato ripreso da altre telecamere di sorveglianza nei pressi della villa abitata dalle vittime. Un “raid” in piena regola quello effettuato dagli indagati all’interno della villa, nella quale vi erano 11 persone tra le quali due minori, tutti fortunatamente illesi, ad eccezione di un maggiorenne, colpito più volte al capo con il calcio della pistola. Mentre le persone cercavano rifugio, le tre auto presenti nello spiazzo antistante la villa sono state incendiate. In tale contesto, il gruppo armato si è anche appropriato di una valigia con all’interno effetti personali, un computer i documenti e la somma contante di 2.500€. Nel gruppo degli assalitori anche Margaritondo, sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora. Nell’esaminare la vicenda il Collegio pertanto ha concluso che la custodia cautelare in carcere è adeguata in relazione alla gravità dei fatti e alla negativa personalità dell’indagato.